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Cosa si fa durante una visita ginecologica per il dolore pelvico?

Sono diversi i motivi per cui una donna può decidere di sottoporsi a una visita ginecologica. Tra questi, rientra il dolore pelvico. Problematica che può essere un segnale di patologie importanti, come per esempio l’endometriosi, non va assolutamente trascurata.

Nel momento in cui il dolore al basso ventre è intenso e costante – avvertirlo, a livelli comunque sopportabili, durante i giorni del flusso mestruale non deve destare particolari preoccupazioni – è bene contattare tempestivamente il proprio ginecologo di fiducia.

Cosa succede quando si fa una visita per il dolore pelvico? Se ti interessa saperne di più, seguici nelle prossime righe, dove parleremo dei vari momenti del controllo, elencando le procedure standard a prescindere, valide a prescindere che si parli di una visita ginecologica Roma o del lavoro di specialisti in altri contesti.

Esame pelvico: indicazioni e come si svolge

In caso di dolore pelvico nella donna, il ginecologo procede al cosiddetto esame pelvico. Per amor di precisione, è il caso di sottolineare che la sua esecuzione è indicata anche quando si ha a che fare con percorsi di screening per il tumore alla cervice uterina (o collo dell’utero).

L’esecuzione prevede diverse fasi. La prima consiste nell’esame delle caratteristiche dell’apparato riproduttivo esterno della donna, che si trova in posizione supina sul lettino ginecologico.

Facendo un attimo un passo indietro, rammentiamo l’esistenza di un percorso di preparazione. Prima dell’esame, la paziente viene infatti invitata a svuotare la vescica.

In alcuni casi, lo specialista può richiedere la raccolta di un campione di urina.

Una volta completato l’esame dell’apparato genitale esterno – che può aiutare a individuare segnali di problematiche che nulla hanno a che fare con la pelvi, come per esempio neoplasie – si procede al monitoraggio della situazione interna.

In questo caso, il ginecologo ricorre allo speculum, che permette di avere una visione chiara sia della vagina, sia della cervice uterina.

Tra gli scopi di questa parte della visita rientra il controllo ai fini dell’individuazione di eventuali formazioni cistiche o di sintomi di quadri infiammatori.

Se le indicazioni lo richiedono, il ginecologo procede, in tale momento, al prelievo di una piccola porzione di una piccola porzione di tessuto, utilizzando uno strumento ad hoc noto come Kitobrush.

Il tessuto in questione serve per l’esame del pap test o per quello dedicato in maniera specifica all’individuazione di ceppi di HPV.

I campioni prelevati dalla zona della vagina possono essere utili, invece, per diagnosticare condizioni come la vaginosi batterica.

A questo punto, arriva il momento di dedicarsi al monitoraggio della situazione a livello pelvico.

Per capire se gli organi sostenuti dal pavimento pelvico, un insieme di fasci e muscoli che chiude il bacino umano nella parte inferiore, sono prolassati il ginecologo può chiedere alla paziente di fare un piccolo colpo di tosse.

Dopo questo step, solitamente avviene l’estrazione dello speculum dalla vagina e inizia la parentesi dell’esame obiettivo. Il ginecologo inserisce il suo dito indice all’interno dell’orifizio vaginale – può usare anche il medio – con lo scopo di individuare eventuali problematiche e di monitorare il livello di dolore della paziente.

Sempre mantenendo il dito nell’orifizio vaginale, lo specialista comincia a palpare l’addome della paziente, concentrandosi in particolare sulla zona che si trova sopra l’osso pubico.

Questa fase è nota con il nome di esame bimanuale.

La sua finalità è quella di valutare sia la situazione del pavimento pelvico, sia quella dell’utero e delle ovaie con lo scopo, ribadiamo, di intercettare la presenza di masse non fisiologiche.

Esame rettovaginale combinato

Quando le indicazioni lo richiedono, si può procedere anche a un esame rettovaginale combinato. Questa procedura si rivela particolarmente efficace nell’individuazione della presenza di anomalie localizzate a livello posteriore della pelvi, ossia nella parte adiacente alla colonna vertebrale.

Tramite l’inserzione del dito nel retto, il ginecologo può farsi un’idea anche in merito alla presenza di formazioni come le emorroidi o di ragadi anali (in questo caso, si parla di tagli).

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